Di Davide Ndoj
Dalla nave Vlora ai drammi di oggi: 34 anni dopo, la storia degli albanesi sbarcati a Bari ci interroga su chi siamo diventati e su come guardiamo chi fugge dalla disperazione.
Era l’8 agosto del 1991 quando la Vlora, carica fino all’inverosimile, attraccò nel porto di Bari. Circa ventimila albanesi, affamati, stremati, ma pieni di speranza, sbarcarono in Italia. Lo chiamarono “lo sbarco della disperazione”, ma fu anche lo sbarco della dignità. Erano volti segnati dalla fame e dalla dittatura, ma pieni di sogni, quelli che oggi, a distanza di 34 anni, abbiamo forse dimenticato.
Chi erano quegli albanesi? Chi sono oggi? Sono muratori, infermieri, artisti, imprenditori, giornalisti. Sono uomini e donne che hanno ricostruito la propria vita e hanno contribuito, spesso in silenzio, anche alla rinascita di un’Italia che oggi si scopre vecchia, stanca e spesso ingrata.
Oggi assistiamo a tragedie simili: bambini che muoiono per un pezzo di pane a Gaza, madri che partoriscono sotto le bombe in Ucraina, giovani che annegano nel Mediterraneo con gli occhi pieni dello stesso sogno che avevano i passeggeri della Vlora.
Ma a differenza del 1991, oggi sembriamo avere il cuore più chiuso. Ci siamo dimenticati cosa vuol dire fame, cosa vuol dire scappare per vivere. E ci chiediamo ancora con cinismo: “Che vengono a fare qui?” Eppure 34 anni fa, anche noi siamo stati “loro”. E l’Italia, quella vera, li accolse. Forse è il momento di ricordarcelo.
