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  Letteratura  Racconto: TI AMO
Letteratura

Racconto: TI AMO

RedazioneRedazione—08/03/20140
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A cura di Ester Lucchese

L’amore per noi stessi può davvero guarirci dalla depressione. Mente, spirito e corpo devono davvero essere un tutt’uno. Sono queste le parole che riecheggiano martellanti nella sua testa da qualche settimana da quando, in effetti, ha incominciato a seguire la Meditazione guidata di Dina Cat, che le tiene compagnia in diversi momenti della giornata, specialmente quando esce dal lavoro e quando in casa si sente autorizzata a salvaguardare un po’ di amor proprio. Caspita! Se non mi amo io chi potrà amarmi? Si chiedeva spesso. Comincia da qui la sua storia: quella di una giovane donna innamorata della vita e delle persone che circondandola le hanno voluto bene. Ci è voluto davvero molto tempo per capire che guardandosi allo specchio era necessario che un giorno dicesse a se stessa: Ti amo. Una parola scontata ed abusata di questi tempi, a volte pure pretenziosa, anche se sempre attuale. Nessuno le aveva mai detto spassionatamente questa parola, neppure se stessa. Eppure era dell’idea, porca miseria, che era necessario volersi bene. Chi meglio di noi può capire, se in un dato momento, si può avere bisogno di un sorriso, di un bisogno fisiologico, di una carezza, di un rimprovero o di un supporto energetico? Non so perché si andava convincendo che fare la volontà degli altri, per compiacere se stessi, non è quello che avremmo voluto realmente fare per il bene di noi stessi. Allora buttò via, Padre Santo, tutti i sensi di colpa, e si consegnò, immune da ogni peccato, come tu stesso preservasti all’unica donna che concepisti nella tua mente. Ella era una donna logorata dagli anni e dai sacrifici, che ha più volte condiviso, con altre donne, il dolore del parto come tu quasi punendo hai condannato Eva. Sii clemente con lei , o Signore, se tante volte ha dovuto implacabilmente chinare il capo per essere un’ umile serva che lo ha fatto senza remore, perché quella era la tua volontà. Adesso deve cercare di non avere sensi di colpa, se vuole davvero guarire da se stessa che non la fa essere veramente se stessa. Due personalità che chiameremo con due nomi distinti, perché questa giovane donna capisse chi di loro due fosse veramente se stessa. Una ha le sembianze di una prorompente donna dai lineamenti decisi, dalle forme appetibili di quell’uomo sempre voglioso di essere compiaciuto. L’altra dal carattere forte impulsivo, pallida in viso, dagli occhi cerulei, magra come una piuma. Anna è la prima, Claudia è la seconda.

I Cap. Anna

Le sollecitazioni con cui da bambina si lasciava docilmente trasportare e dirigere erano quelle che la spingevano a sentirsi bella veramente. Sorrideva a se stessa ed alla sua sicurezza con un fare disarmante ed ogni qualvolta osava contrastare quella voglia di sentirsi sempre all’altezza delle situazioni, si sentiva venir meno. Ed allora il rimedio del medico era stato quello di contrastare i suoi stati di ansia col supporto farmacologico, un ansiolitico efficace quanto la sua prorompente bellezza. Suo fratello Marc, rivolgendosi a lei con pazienza, l’aveva sempre aiutata adesso che viveva da sola. “Sono convinta che se riuscirò a superare questo stato fisico, ma soprattutto mentale, riuscirò a stare bene. Non pensi che il fatto di andare a lavorare sia per me un modo per venire incontro alle innumerevoli esigenze della famiglia? Cercherò di fare bene questa cura che mi ha prescritto il medico, te lo prometto, per cercare di essere efficiente come voi mi volete. Datemi almeno il tempo per riprendermi lentamente ed amorevolmente”. Proferì umilmente le sue parole Anna.

Cap. II Claudia

Aveva da poco cercato di placare la sua rabbia, da non si sa che cosa. Spesso pugni e calci si dimenavano da se stessa come fosse un’ atleta di arti marziali. Il senso del dovere la attanagliava più di ogni altra cosa e guai se veniva meno ad un appuntamento o se faceva ritardo sul lavoro. Era implacabilmente dura con se stessa ma così violentemente che solo le sue preghiere domenicali riuscivano a placarla. Sì perché appena rientrata dal lavoro, non aveva nemmeno salutato il marito, Claudia accendeva il televisore ed aveva inizio il suo soliloquio sempre pronto quando si sentiva osservata dalla scatola nera: ”Signore io sento gli occhi puntati continuamente su di me, persino il fatto che i mass media mi tengano continuamente sotto osservazione, durante il momento del pranzo quando si accende la TV. Ridonami l’innocenza di un tempo, quella per cui era possibile amare e soffrire. Avvolgi con il tuo amore infinito, me creatura immaginata e pensata da te, ridai vigore ai miei giorni, bellezza al mio corpo, chiarezza alle mie azioni, sollecitudine e perseveranza ai miei pensieri, grazia ai miei gesti, concretezza alle mie idee.Fa che io sia per Te sempre in atteggiamento di gratitudine. Amen

Un odore di cipolla fritta proviene invece dalla cucina. E’ Leopold, il marito, che prepara da mangiare. “Poverino è solo, ma io gli voglio tanto bene. E’ un caro ragazzo, un’anima di Dio anche lui. La sua famiglia sa quanto gli vogliamo bene e quanto lo rispettiamo. La mia famiglia siete tutti voi, non è vero che mi sottraggo ai doveri di moglie e di madre, non potrei. Io del resto ho voluto fortemente tutto questo, mi sono sposata non condizionata da nessuno, ma perché ero innamorata di lui che poi è divenuto mio marito. Ogni passo che ho fatto è stato compiuto nel rispetto della volontà della nostra famiglia. Sono soddisfatta di noi, dunque, come potrei non esserlo? Ringrazio anche Dio che ha permesso tutto questo”. Continuava fra sé il suo soliloquio Claudia.

Cap. III Anna

Una strana sensazione di estraneità la invadeva la sera prima di andare a dormire. Cos’è che la spaventava, facendola sentire triste ed infelice? Aveva un grande bisogno d’amare, ma non le era mai venuto in mente nessun uomo, fra quelli conosciuti, forse perché non si fidava di nessuno, tutti la guardavano per quel corpo suadente, ma mai nessuno era stato in grado di corrispondere alla sua sensibilità. “Meglio lasciar perdere gli uomini”, aveva detto a se stessa. “ Preferisco mio fratello, mio padre. Non sarebbe per me possibile compiacere nessuno all’infuori di questi perchè voglio bene a loro e questo mi basta”. Anna non conosceva le gioie che due amanti innamorati possono condividere in grazia di Dio e non aveva la benché minima idea di cosa volesse dire essere complici di una dolce attesa, costruttori di progetti comuni, non conosceva l’amore coniugale, non aveva mai portato in grembo una creatura, non conosceva le lunghe notti trascorse a cullare un figlio, non conosceva il senso di abbandono di una donna che ha dato tutta se stessa per essere moglie e madre. Anna era una donna libera in tutti sensi, ad eccezione di quelle compressine di ansiolitici che compensavano la sua mancanza di amore. Il lavoro in libreria era il solo suo pensiero, la ragione dei suoi sacrifici, insomma lo scopo della sua vita.

Cap.IV Claudia

E’ possibile che la sua rabbia la facesse sentire così al centro del mondo e che addirittura tutti pensassero a lei ad eccezione del marito e dei figli che la consideravano “esaurita”? Aveva dentro di sé tanta forza da vendere, ma ultimamente la poca stima che i figli nutrivano nei suoi confronti era come un macigno, che non le permetteva di interagire con essi come faceva un tempo. Ecco perché da un po’ Claudia si isolava e fantasticava con la mente, come quando rivolgeva a se stessa le sue preghiere, non appena il televisore era acceso. Leopold era diventato un estraneo. Neppure una carezza o una simpatica battuta con tono scherzoso condividevano più insieme. E dunque Claudia andò sempre di più convincendosi che quell’uomo non le aveva mai voluto bene. Come poteva essere possibile che l’amore che gli aveva uniti adesso li portava lontano da se stessi? Leopold infatti aveva l’abitudine, quando a sera si attardava con gli amici a guardare la partita, di bere un bicchierino di troppo e ritornato a casa si avvicinava a Claudia con fare affettuoso sollecitato da quella puzza di alcool proveniente dalla sua bocca. I figli ormai adolescenti avvertivano a mala pena il disagio dei propri genitori per il fatto di essere impegnati fra attività di studio e ricreativo/sportive e condizionati inoltre dal modo in cui il loro padre considerava sua moglie, divenuta un derelitto. Eppure Claudia sapeva che soltanto lei poteva amarsi. Ecco perché si imponeva di reagire, nonostante qualcuno cercasse di squalificarla. Ella sapeva di poter contare unicamente su stessa sebbene si cercasse di farle credere che lei non era in grado di bastare a se stessa. Aveva cominciato ultimamente ad aspettarsi di tutto, anche quando sembrava che le situazioni fossero serene, specialmente quando le lasciavano credere che nessuno avrebbe contribuito a renderla così sospettosa del prossimo. Invece ancora una volta si sbagliava.“Ho incontrato tuo fratello e gli ho detto del nostro nuovo acquisto: la casa in montagna, naturalmente ho confidato a lui l’aiuto economico di zio Silvester!” Aveva proferito una sera queste parole Claudia a suo marito con calma, ma una reazione impulsiva di Leopold aveva scosso il suo sistema nervoso, ultimamente reso fragile dal fatto che il loro rapporto si era incrinato. “Ma come ti permetti di esternare questi particolari a mio fratello?” Aveva risposto infuriato lui. “Ma Leopold , mi dici cosa ho detto di così privato a Giulio, che spesso anche lui ci rende partecipe delle questioni personali, se non altro perché è tuo fratello?” La conversazione si era interrotta fra di loro già da un bel po’. E Claudia rimuginava fra sè questa considerazione, che ora mai fra di loro erano più i diverbi che i dialoghi. Com’erano diventati distanti l’uno dall’altro!

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Cap. V Anna

Anna aveva già pianificato il suo viaggio, che l’avrebbe portata al centro dell’Europa in una di quelle località in cui l’aspetto naturalistico era predominante rispetto agli altri. C’era già stata un’altra volta con Marc e adesso che era necessario per lei ritrovarsi con quegli scenari naturali, spesso diventati il supporto alle sue compressine nel suo immaginario. Specialmente quando doveva far fronte ad episodi di ansia, provava una certa gioia nel dover partire. Il viaggio era per lei un momento di svago, un momento in cui le cellule nervose si rigenerano e lei si sente rinascere. Le distese di verde e la perfezione dei centri abitati erano un paesaggio da sogno, sconfinato ed immensamente bello. Osservava con interesse ogni piccola meraviglia della natura, dalla foglia al fiore ed alla rugiada e vedeva la luce calda dell’estate anticipare la sua primavera, dopo il bieco e freddo inverno che ci tiene chiusi nei luoghi consueti nel trascorrere la nostra quotidianità. Anna era straordinariamente impulsiva ed amava la vita più di ogni altra creatura, lei che era espressione di bellezza e di abbondanza. Anna non amava le chiese, quei luoghi bui e privi di vita, come sepolcri, che la facevano, sin da bambina, salire l’ansia, per poi esplodere quando un impeto di buon senso la spingeva ad uscire fuori ed a ringraziare Dio per il dono della natura. Per lei Gesù era il vento ed il sole, i santi erano le foglie, gli alberi, gli uccelli, il cielo sconfinato ed azzurro era Dio. Spesso ripeteva in mente la preghiera che San Francesco le aveva insegnato: Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione”.

Non le piaceva la saccenteria dei preti, quel loro essere così lontani dalla corporeità, dalle emozioni, dalla forza prorompente della natura. Forse per questo Anna non amava l’uomo in genere, perché aveva sempre ritenuto il suo corpo suadente come un invito al peccato, a causa di un’errata convinzione religiosa, per questo la mentalità di coprirsi e di non credere realmente che un uomo potesse amarla per quello che aveva dentro e per la sensibilità, la portavano a credere che una certa religione era frutto della mentalità maschilista. La donna condannata a vivere le doglie del parto, succube delle voglie del marito e la donna  libera resa madre senza aver conosciuto uomo. “Ma chi ha pensato mai questa follia che ha portato ad errate convinzioni sul ruolo della donna?”Diceva fra sé Anna. Non le piaceva affatto quella mentalità per questo era lontana da tutta quell’ipocrisia e per questo non voleva nessun uomo accanto a sé, ad eccezione del padre e del fratello, che la apprezzavano e la stimavano per quel che lei realmente fosse.

Cap. VIClaudia

“Mi manca Leopold mi mancano i miei figli, diceva fra sé Claudia, come ho fatto a ridurmi così, dove è finita la bellezza e la spontaneità di quei giorni vissuti insieme? Sono diventata brutta quasi non mi riconosco, sempre sospettosa, cos’è che mi spinge a negarmi? Aiuto mio Dio cosa è successo porta tu giustizia su questa terra fatti rappresentare da uomini degni. Perché non vedo più le cose come facevo un tempo perché questa pazzia mi ha travolto facendomi perdere i connotati del mio essere donna? Fa giustizia con uomini giusti ridonami l’innocenza di un tempo, fa che mio marito mi stimi che i miei figli mi amino per quello che sono realmente”. Aveva proferito questa preghiera in chiesa dopo la santa messa e dopo la comunione sacramentale. Da un po’ ella sentiva una gran voglia di non sottostare a quell’impegno continuo con i figli ed il marito, qualche volta bisognava infrangere la ferrea cadenza degli orari da rispettare per il pranzo o per la cena. Spesso succedeva che,  quando aveva voglia di parlare o di scrivere, doveva mettere da parte questa esigenza per dare spazio al fatto che bisognava preparare da mangiare o era necessario rassettare. Più volte si era chiesta se era mai possibile qualche volta pranzare fuori dalla loro casa, se era possibile soddisfare qualche desiderio di donna come fare shopping, una passeggiata o andare al cinema o a teatro. “Ma perché quando torno da scuola da un po’ di tempo a questa parte non è mai pronto da mangiare?”ripeteva il figlio Albert. Era vero, da un po’ di tempo Claudia non solo non era ligia al suo dovere di madre nel preparare il pranzo o provvedere alle faccende domestiche, ma anche, al momento del pranzo, si eclissava nel mondo della scrittura o della preghiera, unici corroboranti a quel suo volersi sentire veramente donna amata e rispettata.

Ma allora la giovane protagonista del racconto è Claudia o Anna? È Anna perché, vivendo come donna la sua dimensione da non sposata, è dunque libera dai vincoli matrimoniali e vuole vivere la vita, godendosela felicemente attraverso i viaggi ed un lavoro gratificante. È Claudia perché vivendo la sua dimensione da sposata con tutti i vincoli che essa comporta, si rifugia invece nella scrittura e nella preghiera, uniche valvole di sfogo per il fatto di sentirsi poco apprezzata dalla gente che le sta intorno.

Auguri a tutte le donne!

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Redazione

Armonia è un etimo stupendo! Il creatore delle parole non poteva inventare altro termine per esprimere il concerto di bellezza che insiste in esso. Armonia in un insieme di note, di strumenti, armonia di una comunità di persone… E’ davvero difficile che nella società in cui viviamo, di questi tempi, regni armonia, poiché sembra che il bisogno ancestrale più intimo e infimo di ogni persona sia quello di ferie e imbrogliare il proprio simile, invece di privilegiare il rapporto ed il dialogo,per l’ appunto, in una società che è contrapposta per idee ed interessi di casta, credi religiosi e politici. Armonia sta operando affinchè il confronto di idee nella piccola comunità di San Giorgio, possa tradursi in arricchimento culturale dei lettori e di chiunque vorrà avvicinarvisi. Anche la presenza di una modestissima ma appassionata (perchè è soltanto passione che muove la redazione) realtà editoriale contribuisce a formare “bene comune”. E il bene comune sarà l’unica lucida follia che la redazione vorrà contribuire a perseguire.

“LU FUCARAZZU”, UNA NOTTE DI TRADIZIONI A SAN GIORGIO IONICO
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