Di Gianbatttista Tagliani
L’Italia è un paese di santi, poeti e navigatori, s’è sempre detto. Di recente però i Santi sono in ferie, i poeti sono in autogestione a scuola e i navigatori hanno i sigilli d’Equitalia sulle barche per cui che ci resta? Gli invidiosi. Difficile identificarne alcuni rispetto alla massa. Anche Dante nel 13 esimo canto del Purgatorio si rivolge a Sapìa, figura che ancora oggi non risulta facile identificare.
Forse la scelta di Sapìa è stata voluta proprio per non dare un solo volto all’invidia.
Gli italiani sono, mediamente, tutti invidiosi.
Ricorderete qualche anno fa che diverse città hanno ospitato dei manifesti politici che recitavano: “Anche i ricchi piangano”. Ricorderete anche un detto: quello che è tuo è mio e quello che è mio, è mio, attribuito ai comunisti all’italiana.
Potrei citarne all’infinito di “prove circostanziate” dell’invidia cronica della gens italica.
L’ultimo caso: lo scontro Brunetta-Fazio sui redditi del secondo.
Renato Brunetta, ospite (e va sottolineato) della trasmissione di Fabio Fazio, Che Tempo Che Fa, su Rai 3, sull’onda dell’assunto (in nessun modo entro nel merito si badi bene), che Fazio sia fazioso (perdonate il gioco di parole), nulla ha detto in merito alla conduzione ma ha pesantemente alluso al mistero che avvolge l’entità del compenso di Fazio.
Mistero che celerebbe una verità segretissima: Fazio guadagna qualche milione di euro.
Nulla ha commentato Brunetta sugli ospiti, sul taglio del programma o sui vari personaggi della trasmissione. I più potranno obiettare che sarebbe stato un ripetersi, che quei rilievi e quelle polemiche sono parecchio datate ormai e non direbbero certo il falso. Ma allora perché incalzare il conduttore su un tema che nulla ha a che vedere con la faziosità? E’ stata la tipica infamata insinuata italica. Renato Brunetta ha fatto una domanda: e se ha scelto di usare un tono allusivo è perché evidentemente conosce già la risposta. Domande poste in modo da restare tali sono retorica non dialettica.
Sarà forse allora il caso che, del cittadino, si smettano di sprecare non solo il denaro versato sotto forma di tasse, tributi o canoni, ma anche e soprattutto il tempo e l’attenzione.
“Che Tempo Che Fa” è rimasto l’unico programma nazional popolare di qualità.
Per il novello piacere di distruggere tutto e tutti, cerchiamo di evitare di trovarci ad assistere solo ed esclusivamente a programmi tipo La Gabbia, Radio Belva o altri, che ampi spazi dedicano alle inclinazioni sessuali di chi, per definirsi indignata, si dice indegna.