di Serena Verga (Esclusiva Giornale Armonia)
Andrea Dianetti. Nato a Roma il 9 maggio 1987. Nonostante la sua giovane età, vanta già un curriculum di tutto rispetto, dopo tante esperienze che lo hanno visto accanto a grandi nomi del mondo dello spettacolo. Attore di teatro, e anche televisivo e cinematografico, doppiatore, conduttore televisivo e radiofonico, cantante italiano. A soli 13 anni risale la sua prima esperienza in teatro, come interprete nella commedia “Io credo nei miracoli”. Dal 2001 in poi inizia la scalata verso il successo, un lungo iter di studio che lo vede molto impegnato nella danza e nella recitazione presso importanti scuole d’arte e con la frequentazione di corsi e stage. E dal 2002 al 2005 iniziano i primi premi, tra cui anche quello di “Campione Italiano nella F.I.D.” (Federazione Italiana Danza). E poi … il corso di recitazione con Alessandra De Pascalis (ex allieva e poi collaboratrice di Gigi Proietti); parte integrante nel cast di musical di successo (basti citare “Jesus Christ Superstar”, “Grease”, “Moulin Rouge”, “Romeo e Giulietta”, ecc.) presso teatri prestigiosi italiani; “Amici” di Maria De Filippi; attore in note serie tv italiane e sul grande schermo; dal 2010 studia anche doppiaggio con il Maestro Roberto Chevalier, e dizione ed articolazione con Terry Fattore. Sbarca anche oltre oceano, sino ad arrivare in California, per studiare recitazione accanto a grandi Maestri (Giorgio Albertazzi, Massimiliano Bruno). Recentemente è stato impegnato come inviato speciale di Canale 5 nel backstage del “Music Summer Festival”, tenutosi in Piazza del Popolo a Roma alla fine di giugno 2013.
Ciao Andrea. La domanda sorge spontanea: com’è iniziato tutto? Quando ha capito veramente che l’Arte e il Teatro sarebbero stati la giusta via?
Sinceramente non ricordo… o meglio, già da piccolo a scuola intrattenevo durante l’orario di ricreazione i miei compagni. Invece che andare in giardino a giocare, mi mettevo davanti la lavagna e facevo degli sketch. Il resto è venuto da sé, la vita è un percorso a piccoli passi, dove di colpo ti trovi dove non ti aspettavi.
Dopo tanti anni di gavetta, nel 2007 è stato autore, regista ed interprete di uno spettacolo tutto suo: “Zitto sa… O non ti televoto”. Cosa ha rappresentato per lei questo suo primo “One Man Show”?
Ha presente un parto (oddio forse no, è molto giovane!)? Ma comunque la gioia del creare… è un qualcosa di inaspettato e travolgente. Ogni spettacolo è un figlio. Ma come tutte le cose, la prima non si scorda mai, e sicuramente li c’era tanto di me.
Teatro. Cinema. Televisione. Tre mondi diversi. Un’unica aspirazione. Se lei dovesse scegliere, quale preferirebbe e perché? Dia loro una definizione, anche solo con una parola.
Scegliere è impossibile. La veda così, se le dicessi acqua o cibo o sonno: a cosa potrebbe rinunciare? Appunto. Sono generi fondamentali per un attore, o meglio per me è così. C’è anche chi riesce a vivere solo di uno di questi ambienti. Ma negli anni ho imparato che non esiste attore a cui non piacerebbe far cinema, o viceversa.
Dopo molte fiction televisive, ecco che arriva il primo film da protagonista. Ma fra tutti i personaggi che ha interpretato (anche in teatro), quale ha sentito più vicino al suo modo di essere? E perché?
Quest’anno sono stato protagonista di un musical (che replicherà a Firenze ad Ottobre dal 26) “Louis il musical diabolico” dove interpreto un diavolo, un po’ burlone, e con altre mille sfaccettature, che mi ha dato grande soddisfazione. Passare da un umore all’altro, in tempi lampo, implica sforzo, ma grande crescita.
Nel 2011 lascia l’Italia per approdare a Hollywood e studiare recitazione presso il “Gloria Gifford Conservatory”, presso il “Laboratorio teatrale cinematografico” del grande Massimiliano Bruno e presso “Il verso è tutto”, Atelier del Maestro Giorgio Albertazzi. Cosa le è rimasto di quell’esperienza californiana? Che aria si respirava? Che differenze ha trovato lì, rispetto all’Italia (restando sempre in ambito artistico-cinematografico)?
L’America, ha un aria tutta sua, è stato fantastico rapportarsi ad altri stili recitativi, e modi di vedere lo spettacolo, e lo stare sul palco. Per quanto riguarda Massimiliano Bruno, e Albertazzi, ho avuto anche la fortuna poi di lavorarci in 2 spettacoli, e questo anche è un bagaglio che porterò sempre con me. Un giovane e maturo professionista a confronto, entrambi con tanto da insegnare.
Nello stesso 2011 prende vita la sua prima sceneggiatura teatrale, “Nemmeno un uragano”, commedia in cui condivide il palcoscenico con Antonio Nobili, che ne cura la regia. Ma come nasce una sceneggiatura?
Una sceneggiatura, nasce… come un amore. Un giorno sei lì, e di colpo uno scambio di sguardi, e parte la scintilla. Penso che creare qualcosa passi per questo meccanismo. Un’intuizione, e di colpo tutto ti è chiaro, e scrivi. “Nemmeno Un Uragano” è la mia prima commedia scritta, e ne sono affezionatissimo. C’è tanto di me “più grande” in questo spettacolo, di quanto ci sia in molti altri lavori fatti.
Nel 2012 è nel cast di “E la vita continua”, cortometraggio sulla donazione degli organi, per il quale ha ottenuto il “Premio come Miglior Attore Non Protagonista”. Sensazioni al momento della premiazione? Inoltre com’è stato lavorare al fianco di due grandi attori italiani, come Ricky Tognazzi e Francesco Pannofino?
Beh… sa, i premi son premi, hanno il tempo che trovano, l’arte è così soggettiva, ma comunque una grande soddisfazione. Pannofino – oltre che un ottimo professionista – è, come Tognazzi, una bellissima persona. Entrambi mi hanno raccontato aneddoti di vita che porterò sempre con me.
I suoi affetti più cari?
La famiglia… è tutto per me. E quindi non si tocca. Ma ringrazio ogni giorno del loro sostegno, per me essenziale.
Ora facciamo un passo indietro nel tempo. Fra il 2005 e il 2006 ha partecipato come attore alla quinta edizione di “Amici” di Maria De Filippi, classificandosi al secondo posto. Come ben sa, la gente mormora e spesso critica gli attuali talent show, considerandoli come scuole per illusioni giovanili, in cui a vincere è sempre quello più incapace o più amato dagli adolescenti. In passato era l’era di Castrocaro e del Cantagiro, ora è l’era dei talent show! Ma la gente non vuole accettarlo. Cosa pensa riguardo l’argomento? E cosa le ha lasciato l’esperienza all’interno della scuola di “Amici”?
La gente dovrebbe capire che ogni epoca ha il suo momento, e un suo “programma” in questo caso. “Amici” dà a molti giovani la speranza di credere e sperare in un qualcosa, che forse andrà bene o forse andrà male, come per anni lo sono state altre cose. Sempre meglio del NULLA, che c’è fuori di lì ultimamente. Quindi sì… “Amici” trovo sia una possibilità, il tutto sta nel saperlo vivere con intelligenza e parsimonia.
Se dovesse dare un consiglio a tutti i giovani come lei che vogliono tuffarsi nel mondo del Teatro e dello Spettacolo, cosa direbbe loro?
Stringete i denti, perché ora è dura più che mai. E’ un lavoro per eletti… per pochi. Non sempre per i più bravi però. Forza e coraggio.
Un’ultima domanda: progetti per il futuro? Nuove sceneggiature teatrali? Film? Doppiaggi?
E’ stato un anno fantastico, speriamo lo sia anche la seconda metà. Comunque ho 3 spettacoli per l’autunno, e forse ancora collaborazioni televisive. Staremo a vedere.
La ringrazio per la sua gentilezza e disponibilità. Buon lavoro per i suoi progetti futuri! E alla prossima!
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