di Nicola Lofoco e Enzo Carrozzini
L’ 11 Giugno 1984 moriva a Padova il compianto Enrico Berlinguer. Sono passati trent’ anni dal quel doloroso giorno in cui veniva a mancare la figura di un segretario politico che sino a quel momento era stato un indiscutibile punto di riferimento per tutti i comunisti italiani. Chi non ha mai visto un suo ritratto in una sede del vecchio P.c.i. alzi la mano. Spesso ci si chiede cosa avrebbe pensato Enrico Berlinguer della politica attuale, dell’ Europa e , soprattutto, se adesso avrebbe in tasca la tessera del Partito Democratico. Su tutto questo ecco cinque domande a Giuseppe Caldarola, che per ben due volte ha diretto il quotidiano l’Unità, e che ci presenta la sua analisi con estrema lucidità:
Caldarola, siamo nel 2014. Crede che oggi Enrico Berlinguer avrebbe la tessera del Partito Democratico in tasca ?
Non è facile dare una risposta, perché è necessario immaginare due cose: la prima è che Enrico Berlinguer sarebbe rimasto molto attaccato alla tradizione politica in cui si è formato, cioè quella del comunismo italiano e quindi avrebbe probabilmente visto con disagio un partito interamente post ideologico. In secondo luogo bisogna dire che di questo partito non ne avrebbe apprezzato alcune caratteristiche. Non ne avrebbe apprezzato il carattere privo di riferimenti e culturali definiti, non ne avrebbe apprezzato la sua mancanza di organizzazione, in quanto credeva fermamente nel fatto che un grande partito popolare può essere solo ben organizzato, e non avrebbe neanche visto bene l’eccesso di leaderismo e di personalismo che dal post Pci in poi è diventato dilagante nel Pd tanto da diventarne una delle caratteristiche fondamentali. E nel Pd di Matteo Renzi probabilmente lo sarà sempre di più. Un partito, quindi, di un leader di riferimento molto forte e molto aggressivo. Enrico Berlinguer probabilmente non avrebbe apprezzato questa caratteristica un po’ trasversale del partito democratico, quella di essere su certi aspetti abbastanza radicale e su altri invece abbastanza aperto a concezioni politiche che Berlinguer avrebbe definito liberiste. Tutto questo ci porta a pensare che il rapporto tra Enrico Berlinguer e questo partito sarebbe stato complesso e complicato. Non credo però che sarebbe stato un rapporto di ostilità. Berlinguer era un leader che proveniva dalla tradizione di Togliatti, cioè dalla tradizione che il partito di sinistra che punta ad essere partito maggioritario non lo si fa basandosi su un totem ideologico ma lo si fa sulla base di condizioni politiche concrete, e quindi avrebbe guardato al Pd certamente non come ad un nemico ma come ad una soggettività per tanti aspetti diversa. Ma non credo che avrebbe visto questo partito come un entità nemica, un partito ostile , estraneo o un partito contro cui bisogna combattere con passioni e culture contrarie a quelle per cui Berlinguer ha combattuto.
IL Partito Democratico è nato dall’unione di due componenti politiche diverse, una proveniente dalla tradizione comunista e l’altra da quella cattolica. Che idea avrebbe avuto Berlinguer di questa fusione ?
Nel film che Veltroni ha dedicato a Berlinguer vi è un passaggio molto particolare, in cui ad una domanda fatta agli inizi degli anni 60 di un giornalista in TV sulla possibilità che non possa nascere un partito che non si chiami più Partito Comunista, Enrico Berlinguer sorride e dice “ e chi lo sa quello che ci aspetta”. Una risposta prudente che va caricata di significati anche perché non è più stata ripetuta nel passato. Bisogna anche dire che Enrico Berlinguer era assolutamente appartenente ad una cultura profondamente democratica e pluralista. E che lo era nelle sue radici, perché riteneva il suo partito non solo un partito operaio ma anche un partito di popolo, quindi un partito a base molto larga. Tutto questo ci porta a dire che in Enrico Berlinguer la possibilità che il Pci si sciogliesse dopo il fallimento del comunismo sovietico era molto chiara. Esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione di Ottobre vi era la probabilità di una deflagrazione del Pci. Detto questo è difficile immaginare che Enrico Berlinguer passasse armi e bagagli ad un’altra ipotesi che fosse lontana dal carattere democratico del comunismo italiano.
E che lo facesse con quei dirigenti che sono stati poi nel tempo suoi contradditori, penso a quella che è stata chiamata la destra comunista che tentò ad un certo punto di cambiare le cose aggiungendo il termine democratico a quello comunista. Però non immagino Enrico Berlinguer sulle posizioni di Cossutta, non solo perché con lui ha avuto più di una “questioncella”, ma mi immagino Enrico Berlinguer sulle posizioni di una rifondazione comunista. Il suo adattamento alla denominazione comunista, che lui ha rivendicato sino alla fine, era intrinsecamente legato ad una esaltazione della democrazia , del pluralismo, ad una critica via via più severa, puntigliosa e coraggiosa delle società dell’ est. Quindi dopo il crollo del muro di Berlino Enrico Berlinguer avrebbe sicuramente cercato un’altra strada, e credo che nel cercarla avrebbe guardato ad altri compagni di viaggio avuti nell’ultimo periodo, che erano uomini della socialdemocrazia europea. Coloro con i quali ha avuto più dialogo, per quanto Berlinguer faccia parte di una tradizione politica che considerava il termine socialdemocratico detto elegantemente un po’ “pesante “, e per quanto Berlinguer sia apparso come profondamente antisocialista per la sua totale estraneità ed ostilità a Bettino Craxi, è improbabile che lui potesse scegliere una via come quella che delineò Achille Occhetto, cioè una strada “ post tutto”, in cui nulla delle tradizioni della sinistra mondiale venisse salvaguardato. Quindi si può azzardare l’ipotesi di un Enrico Berlinguer che a quel punto avrebbe guardato con più favore all’ipotesi socialista europea, ben sapendo che avrebbe trovato dentro di sé e fuori di sé l’ostacolo mai risolto neppure dai suoi eredi del rapporto con il Partito Socialista, visto anche con la sua componente più pesante , quella di Bettino Craxi. Un Enrico Berlinguer post ideologico innamorato del blarismo , del clintonismo o incuriosito dalla tradizione mitterandista, di Willy Brand o di Olof Palme è difficile immaginarlo , anche se credo che lui avesse al suo interno una carica di passione morale tale da fare la stessa scelta che fece anche dopo di lui Alessandro Natta, quel del ritiro e di guardare da fuori , che infondo è stata anche quella di Pietro Ingrao. Insomma l’estraneità verso il nuovo che iniziava ad avanzare sarebbe stato un ruolo che non gli sarebbe sicuramente piaciuto. Il tutto avrebbe potuto portarlo a questa doppia ipotesi, o partecipare ad un processo insieme ai suoi vecchi rivali della destra comunista sulla via di un socialismo italiano , incontrando qui l’ostacolo dell’incontro con la tradizione craxiana oppure una scelta di carattere etico morale che lo avrebbe potuto portare a chiudere con la partecipazione etico politica e a consegnare se stesso alla storia.
Come crede che avrebbe giudicato le posizioni di chi nel Partito Democratico è favorevole al presidenzialismo ?
Ma obiettivamente credo che si farebbe un torto a Berlinguer se dicessimo che sarebbe stato favorevole. Berlinguer ha fatto parte di una cultura collettiva in cui si considerava la Costituzione Italiana per quello che era , complessa ed intoccabile. Anche se bisogna dire che accanto a questa convinzione il Partito Comunista Italiano, prima ancora di Enrico Berlinguer si era cimentato con il “Centro Riforme dello Stato” diretto per tanti anni da Pietro Ingrao con le ipotesi di riforma dello stato ,come per esempio quella del meccanismo del parlamentarismo perfetto. Lì dentro ci sono state idee molto coraggiose, non conservatrici. Il presidenzialismo è un passaggio che io considero assolutamente democratico, perché viene attuato in molti paesi democratici, come i nostri vicini francesi ed i nostri interlocutori internazionali principali che sono gli Stati Uniti. La riforma presidenzialista si presentava però come un passaggio assai ostico per il Partito Comunista per una ragione di fondo: il Partito Comunista ed i suoi leader nascono come la componente più agguerrita che ha combattuto il fascismo ed hanno sempre avuto il timore che la leadership personale diretta in qualche modo rappresentasse un rischio democratico, che potesse dare vita ad una forma autoritaristica. Vi era questa diffidenza di fondo, che vi è ancora e che difficilmente sarebbe stata superata. Ora non vale la pena discutere se questa diffidenza sia giusta o meno, perché la forma autoritaria non risiede nella forma che uno stato assume ma è presente nella politica concreta,
Sull’ Europa vi sono ancora oggi giudizi molto contradditori. Vi è chi la ritiene la responsabile della crisi economica italiana, chi invece sostiene che senza le politiche europee e la moneta unica l’Italia sarebbe in un situazione disastrosa e ben peggiore di quella attuale. Che idea avrebbe su questo Enrico Berlinguer ?
Su questo credo che non avrebbe un idea tanto diversa da quella dal Partito democratico. Avrebbe l’idea di un processo essenziale e necessario, inevitabile , ne criticherebbe l’aspetto burocratico e finanziario . Avrebbe timore anche lui di un Europa non dei popoli , in cui con un tratto di penna si possono cancellare diritti sociali. Pero’ non immagino un Enrico Berlinguer ostile all’Europa, anzi se guardassimo al dibattito di oggi si collocherebbe esattamente dove è collocato il Pd, fra quelli che dicono che questa Europa ci piace cosi come è però lo dicono in nome di più Europa e non di meno Europa. Sarebbe assolutamente contrario ai populismi che circolano, non solo perché la loro caratterizzazione di destra e spesso in alcuni paesi anche xenofoba sarebbe totalmente estranea alla sua cultura. La sua visione sarebbe la visione del Partito Comunista Italiano verso l’Europa. Non dimentichiamo che Berlinguer pensava anche ad un comunismo europeo, il cosiddetto “eurocomunismo” che era un riferimento culturale ineliminabile. Quindi avrebbe di sicuro partecipato a questa battaglia per l’Europa e avrebbe criticato giustamente tutta quella parte di politiche europee fondata sugli eurocrati in cui non ci sono gli Stati Uniti d’Europa ma ci sono solo le politiche e gli interessi finanziari.
Caldarola, secondo lei oggi la sinistra italiana ha bisogno di un nuovo Enrico Berlinguer?
No, perché ci sono personaggi del tutto irripetibili. La mia risposta è no perché non è possibile e perché non ne vedo le condizioni. Vedo le condizioni di un leader dedito alla politica in modo disinteressato, di un leader moralmente ineccepibile, di un leader che assume dentro di sé le responsabilità di politiche sociali coraggiose. Però Enrico Berlinguer è un personaggio irripetibile, è un figlio del suo tempo, difficile immaginare Enrico Berlinguer leader di questo tempo. Sarebbe anche fare un torto a lui.
*Giuseppe Caldarola è giornalista saggista e politico