Di Mario Brambilla*
Sono nato nel 1959, “classe di ferro” direbbe qualcuno.
Faccio parte di quella generazione che siglava il passaggio alla Scuola Media Inferiore con l’acquisto dei primi pantaloni lunghi, dopo tante fredde stagioni scolastiche a gambe scoperte.
Faccio parte di quella generazione i cui maestri, ogni anno e su indicazioni ministeriali, coinvolgevano nella partecipazione, con tutte le scuole d’Italia, in concorsi per rappresentare l’unione tra i popoli. I corridoi e le aule scolastiche si riempivano di lavoretti in cui mille girotondi di bandiere e bambini di ogni razza, religione e colore, roteavano allegramente. Si predicava, allora, un mondo senza barriere, senza confini, senza differenze.
Un mondo felice.
Faccio parte di quella generazione che si recava ogni anno a settembre in Fiera del Levante e guardava con occhi attenti e meravigliati la Galleria delle Nazioni, punto di prestigio della Campionaria. Le bandiere colorate sventolavano al maestrale settembrino, tra fumi e odori di pop corn, merendine e hot dog che solleticavano l’olfatto. Ricordo ancora la meraviglia e lo stupore provati nel passeggiare tra stand che rappresentavano i paesi del mondo con i loro prodotti artigianali e alimentari. Ciò che era esposto non erano contraffazioni di borse, occhiali e scarpe griffate, ma tutto ciò che rappresentava quel popolo nella sua essenza. Ogni volta era per me un viaggio nuovo senza mai muovermi da casa. Se a quei tempi volevo assaggiare un formaggio francese o provare a usare le bacchette da pasto cinesi non avevo altra occasione se non quella. Scoprire usi e costumi di altri popoli, seppur nello spazio chiuso e limitato di una fiera, era un’esperienza formativa unica.
Eravamo naturalmente No Global.
Faccio parte di una generazione che ha creduto che si potesse davvero avere un mondo senza barriere e senza confini e che tutto ciò servisse a incrementare l’economia dello scambio e il business della conoscenza.
Ora sono triste.
Qualcuno, forse proprio della mia generazione, ha capito che la migliore forma di business nasce proprio dall’innalzare barriere, dal solcare maggiormente confini, dallo sfruttare le differenze.
Tutti quei disegni malamente colorati da vecchi pastelli a cera e appesi nelle aule della mia scuola rimangono solo un ricordo di una speranza disattesa.
*Fotografo e pubblicitario