DI Enzo Carrozzini
Sgomento, commozione, dolore, rabbia, non c’è un pugliese che non sia in preda a questi sentimenti, all’indomani della tragedia ferroviaria che ha segnato indelebilmente la vita delle famiglie coinvolte nel disastro dei due convogli passeggeri delle Ferrovie del Nord Barese,scontratisi frontalmente nelle campagne disseminate di piante di Ulivo tra Andria e Corato.
La campagna delle nostre parti è popolata di piante di Ulivo, la cui cura centenaria amorevole e premurosa dei contadini, che con lavoro duro di potatura e accrescimento del loro punto verde, forma monumenti vegetali, rendendo unica la terra di Puglia, da ieri ha visto la formazione di un altro monumento, sempre creato da mano umana e ingegno, con l’apporto di colpevoli ritardi, burocrazia , superficialità, scarsa lungimiranza, e, laddove accertato, malaffare, costituito dal groviglio di lamiere contorte irrigate dall’acqua umana dei suoi figli. E non a caso una delle vittime è un contadino che attendeva i suoi alberi la momento del disastro.
Le immagini da tregenda mostrate sui media televisivi sono emblematiche di una situazione comune in diverse parti di Italia, laddove i servizi ferroviari sono svolti ancora su di una unica strada ferrata, e dove solo un complicatissimo ed obsoleto sistema di segnalazioni, permette il via libera ai convogli sottoponendo personale e utenti ad attese estenuanti alfine di coordinare orari e precedenze, affinché non ci siano problemi lungo i percorsi. L’imprevisto però è sempre in agguato, una mancata segnalazione, un ritardo nelle comunicazione tra una stazione e l’altra, e così che oggi ci troviamo a piangere 27 persone, trepidare per la vita di altre cinquanta, e non possiamo prevedere se il tristissimo bilancio sia destinato a crescere.
Nelle more che la magistratura accerti le cause determinanti la tragedia e attribuisca responsabilità personali e dirigenziali, resta l’ amarissima constatazione che ancora oggi il Sud Italia sconti l’ arretratezza infrastrutturale lasciandolo ristagnare a metà del guado tra l’ambizione di avere la testa al nord Europa e la desolazione di avere le terga inesorabilmente ancorate al medio oriente, inteso nell’accezione più comune di sud del mondo. Il 1839 la prima Ferrovia d’Italia vide la luce nel tratto Napoli Portici nel Regno Borbonico delle due Sicilie, qualche passo in avanti, indubbiamente, si è fatto, segnatamente la nostra Regione si è mossa nel solco del potenziamento dei trasporti locali rinnovando parco rotabile di diverse realtà, (se escludiamo il malaffare delle Ferrovie del Sud Est), venendo incontro alla ‘aumento della richiesta di servizi di trasporto da parte dei pugliesi, ma al cospetto di tragedie come quella di ieri, non si può non pensare quanto sia ancor bassa la soglia di sicurezza nei trasporti non soltanto per il mancato adeguamento del sistema dei controlli delle linee, ma anche delle vie ferrate. In definitiva non si possono far viaggiare delle vetture nuove di zecca, o semi nuove, belle finché si vuole, ma sopra infrastrutture obsolete o inadeguate a prodotti di nuova tecnologia, quando appunto si viaggia su di unica corsia, come i trenini elettrici che da bambini ci facevano impazzire di felicità. La cura del ferro è ancora di lontana attuazione aldilà degli esercizi di buona volontà della classe dirigente. Si rende necessario, quindi, un cambio di passo nella gestione delle politiche del trasporto locale quanto nelle procedure di affidamento degli appalti. In definitiva l’eterna lotta tra urgenza da una parte e rispetto delle regole e trasparenza di gestione dall’altra,non può e non deve scaricarsi sull’anello più debole della catena, quello costituito dai cittadini utenti il cui ritorno a casa, alla luce di quanto accaduto, diventa una vera e propria scommessa.